Dov’eri
quando il mio corpo
era un campo
fiorito di sensi,
quando il mio cuore
era il porto
dove approdano i sogni?
Senza te
quante lune sprecate,
quanti versi delusi,
quanto tempo
colmo di niente!
Ti guardo,
ora mi resta
solo quest’attimo
che non vuol morire.
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Gli occhi della notte
Gli occhi della notte
hanno
pupille di stelle
e ciglia di velluto nero.
Le mani della notte
tessono amori
con fili di cristallo
che l’alba spezza
nel freddo del silenzio.
Labbra di rosa
il sesso della notte
dove pian piano
partorisce il giorno.
Morbide labbra
a cui
farò ritorno.
2004
Ora lei dorme
Vanesia luna
che ti fai bella
al ballo dei poeti:
viso di perla
ed un collier di stelle.
Sfacciata luna,
che degli amori ti fai padrona,
busserai invano
a una finestra chiusa.
Dorme il mio amore
in una stanza buia
ma il suo profumo
mi tiene sveglio ancora.
Già il suo pallore
rischiara questa stanza
e il suo sorriso risveglia le pareti.
Notte matrona, madre paziente
che soffi alla mia fronte
perché io dorma.
Senza di lei
ali di piombo ha il tempo,
e gli speroni
in questa notte affondo
perché più in fretta
si avvicini il giorno.
Un tocco avverte
che già passato è il tempo
quanto tempo!!!
Volgo lo sguardo e osservo l’ora
ma è passato solo
un minuto ancora.
2003
Sera
Nella città le strade
pian piano van deserte.
S’accuccia un mentecatto
nel regno di cartone
a mendicare sogni
senza la mano tesa.
Conta i minuti il vecchio
dentro la stanza vuota.
Per lui sarà quiete:
persone in movimento,
il coro delle grida.
E di soppiatto all’uscio
entra furtivo un bimbo
che troppo tarda è l’ora.
Davanti ad uno specchio
prova e riprova
l’adolescente il vezzo
per il suo primo incontro
dentro la notte buia.
Dalla finestra aperta,
dal palco della vita,
esce pian piano il sole
lasciando sulla scena
solo un silenzio rosa
e, finalmente, è sera.
2002
Un’onda
Nasce da prati azzurri
e come noi il parto
è una tempesta.
Gelidi soffi, vividi lampi,
tuoni lontani,
quasi una battaglia.
Come un puledro allora
l’onda s’impenna
e sfida il vento
con spruzzi di criniera.
Calma la notte
e l’onda s’acquieta.
Punte di luna avanti ora
le compagne,
un dondolio di prue
la sua scia.
Confonde
un tremolio di luci
l’orizzonte:
luci di navi
dove un bambino ride,
luci di stelle…
dove un bambino piange.
E poi avanti, avanti ancora,
luci di monte
che l’alba già scolora.
Solca una scia di stelle
ora la prua: punte di onde
che il sole basso sfiora.
Incontro a lei
volano in festa
occhi di donne
e ali di gabbiani
e anche l’onda
mentre pian piano muore
verso la riva
sulla sua cima increspa
il bianco di un sorriso.
2002
Devo vederla
Devo vederla
che metterò stasera?
Sotto il mantello bianco
della luna
porterò, notte,
il tuo vestito scuro…
metterò al dito
quella che più brilla.
Devo portarla
dove andrò stasera?
Non vi affannate fate
a lucidar le stelle
per me, stanotte,
il luogo dell’incanto
sarà soltanto l’angolo…
che sta al suo fianco.
Devo parlare,
che le dirò stasera?
Metto da parte i libri
le poesie più belle
non ti azzardare bocca
a raccontar le stelle.
Saran degli occhi solo
tutti i discorsi,
affiderò ad un bacio
tutti i progetti.
2002
Un cuore
Corri
corri lontano vento
con i capelli sciolti
di refoli e sventagli.
Raggiungimi alla siepe
dove, acquattati,
ascolteremo insieme
i sogni degli amanti.
Vola
vola in alto vento
con le tue ali a fiocchi
e un turbinio di bianco
in cima alla vetta
dov’è aggrappato un fiore.
Siediti al suo fianco
e, solo in tanto gelo,
dimmi perché sorride.
E poi più in alto
e più lontano vento
finchè avrai fiato
per i miei pensieri
finché la notte
raggiungerà il mattino.
Allora torna,
torna veloce vento.
Ci apparteremo
a consultare insieme
le figurine
che mi hai portato
nell’angolo segreto
dove nessuno è ammesso
dove c’è tanto posto:
un cuore da bambino.
Senza un poeta
Senza un poeta
la fantasia
è un viandante cieco
che coglie fiori
senza profumo
e dona immagini
senza respiro.
Allora il mare
finisce all’orizzonte,
la notte
si confonde col buio,
il vento
non sa dove andare,
le stelle…
non son di nessuno.
Inverno
Dormono i tuoi giorni
come bambini stretti
sotto un lenzuolo bianco
che odora di bucato.
L’estate è già lontana
la festa sta finendo.
Il cielo,
che la malinconia
veste di bianco,
danza sulle punte
un ticchettio di pioggia.
Sciamano le foglie
col dondolìo d’un ballo.
Il vento le accompagna
tenendole per mano
e poi comanda un frullo.
L’ultimo
di un valzer
ormai lontano.
Aprile 2001
La Domenica mattina
Col sole
così facile innamorarsi
del tempo che passa,
del tempo che resta,
di Lei che distesa
di raggi di luce
si spalma le membra.
La guardo
e imparo dal sole
dolci carezze
lunghe… pazienti,
leggere sul corpo
profonde nel ventre.
E dentro Lei mi trovo
e dentro Lei mi perdo.
Ma Lei
che tutto questo sente
di tutto questo
non saprà mai niente.
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